Crescent, processo alla città

Si è chiuso nei giorni scorsi a Salerno, con una sentenza di parziale assoluzione,  il primo grado del processo Crescent, il palazzo costruito sul lungomare della città, su progetto dell’architetto catalano Bofil e fortemente voluto dall’amministrazione De Luca . Nato dalle denunce di Comitato No Crescent , Italia Nostra e dal gruppo di cittadinanza attiva Figli delle chiancarelle, il processo è durato circa tre anni e vedeva imputati per reati ambientali e amministrativi l’ex sindaco Vincenzo De Luca e amministratori e funzionari del Comune e della Soprintendenza. I Pm avevano chiesto una condanna per due anni e dieci mesi per Vincenzo De Luca per i reati di abuso  e falso, oltre a pene varie per amministratori, funzionari e costruttori. Il processo rappresenta un passaggio cruciale nella politica salernitana e nel sistema di potere che governa la città da 25 anni. Le sue implicazioni coinvolgono il governo della Regione Campania visto che in caso di condanna sarebbe scattata la sospensione per la Legge  Severino dall’incarico di governatore. Alla vigilia della sentenza (di cui si attende la pubbicazione), l’ ipotesi fatta in caso di condanna prevedeva la sostituzione del governatore con il magistrato e procuratore in pensione Franco Roberti, oggi assessore alla sicurezza alla Regione Campania, primo ad aver avviato le indagini sulla costruzione di Bofil e sulla cui recente nomina c’è stata anche una interrogazione di Edmondo Cirielli, Questore della Camera dei Deputati e responsabile Giustizia di Fratelli di Italia. L’assoluzione non ha risolto tutti i nodi. Se è stata chiara sui reati di abuso di ufficio, ha risolto con la prescrizione il reato di falso a proposito delle autorizzazioni paesaggistiche che per Italia Nostra non ci sono mai state.  Nei prossimi mesi si capirà se la procura intenfe fare appello  o meno sulla sentenza. In ogni caso, il Crescent resta una ferita aperta sulla città e sull’ operato dell’amministrazione deluchiana ma anche sull’intera classe politica salernitana che intorno all’ecomostro si è distinta per silenzi e rimozioni, delegando alle associazioni civiche il peso di una battaglia difficile e complessa. Sulla vicenda la “sentenza” politica è netta: questa costruzione, per il cui enorme  impatto sarebbe stato doverosa una consultazione con i cittadini e con la pubblica opinione, ha costituito una violazione dell’interesse pubblico di fatto creando un vantaggio notevole per i costruttori privati con la cessione di una vasta area di pregio della città e la costruzione di migliaia di metri cubi con 120 appartamenti, uffici, negozi e posti auto sul mercato, per cifre che si aggirano intorno ai 10 mila euro al metro quadro. Altro aspetto non certo secondario, lo stupro paesaggistico di un palazzo di cinque  piani a bordo mare su una popolare spiaggia cittadina e l’assoluta incongruità di un edificio di stile neoclassico nel contesto storico salernitano, medievale e longobardo. Il Crescent ha oscurato il panorama  e vecchi edifici della città, ha ristretto la spiaggia di Santa Teresa, per la sua costruzione è stata sdemanializzata una vasta area e  si è deviato il corso di un fiume sotterraneo, il Fusandola che causò molte vittime nell’alluvione del ’54 ( e appare una tragica beffa la volontà annunciata dall’amministrazione salernitana di voler dedicare il palazzo proprio alle vittime della tragedia). Terzo e non ultimo punto, l’impossibilità da parte dei cittadini salernitani di poter esprimere la propria opinione  su una decisione che è passata totalmente sulla loro testa, e a nulla sono valse le migliaia di firme presentate per l’indizione di un referendum cittadino di cui manca un regolamento. Con il Crescent ci sono state quindi più violazioni, tutte di eguale gravità, il prevalere dell’interesse privato sul pubblico, l’offesa al paesaggio, il disprezzo per i diritti dei cittadini.  La vicenda ha oscurato un altro panorama, la storica coscienza ambientalista della sinistra consolidatasi nel nostro paese fin dal dopoguerra con la nascita delle grandi associazioni – Italia Nostra, WWF, Legambiente – che hanno messo in discussione un intero modello di sviluppo, spesso distruttivo per  l’ambiente e il territorio. A Salerno i segni sono visibilissimi, da un porto commerciale che ha eliminato la risorsa mare dalla città,  anche questo concesso ad un privato come Marina d’Arechi, ai quartieroni della zona est, allo scollamento tra centro e periferia. Una battaglia persa almeno fino agli anni ’70 quando il movimento ambientalista ha assunto un carattere più politico e le grandi campagne  sostenute dai partiti di sinistra, dai sindacati e anche dal mondo intellettuale, come quella intorno al Fuenti, hanno raggiunto ottimi risultati. Su questo la sinistra locale e nazionale, appiattita sulle politiche deluchiane,  è stata in gran parte assente; critiche sono state avanzate sul consumo del suolo, sulle quali si è impegnato il consigliere Gianpaolo Lambiase ma la neonata “giunta ombra” di Salerno di tutti è  continuamente impegnata su quotidiane ma piccole questioni ( come la costruzione della Chiesa al Galiziano, ad esempio)  mentre la critica al Crescent è sempre stata sottotono; nessun discorso sull’argomento è mai giunto,  anche nella recente campagna elettorale,  dal candidato e coordinatore di Mdp Federico Conte, oggi deputato,  come dalla compagine LEU con Sinistra italiana; né dal gruppo di Potere al Popolo o di Rifondazione. Nessuna battaglia energica a fianco degli ambientalisti è mai stata fatta in questi anni,  anche da parte dell’intellighenzia salernitana, così come tutto è passato sotto silenzio in questi ultimi cruciali passaggi del processo e che richiederebbero, come si diceva una volta, una “vigilanza democratica”.  Il Crescent ha parlato unicamente nelle aule del Tribunale di Salerno, con le parole della difesa e dell’accusa mentre il silenzio su di esso nella società civile e politica salernitana, è  stato assordante. Su questo non c’è bisogno di aspettare la pubblicazione della sentenza, il giudizio sulla città è di sicura colpevolezza e ne resta testimone con la sua cupa ombra di cemento il “mostro” sul lungomare di Salerno.

Nelle foto: La costruzione del Fuenti; lo scheletro di Alimuri; De Luca e i legali al Tribunale; Franco Roberti e Vincenzo De Luca.

Luciana Libero

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