Che alle primarie PD vinca Zingaretti o Martina, non è che cambi molto. Lo scontro tra questo o quel leader, o aspirante tale, è ormai così interna al partito da aver perso ogni interesse per gli elettori. Restano, irriducibili, i fantasmatici iscritti che per abitudine, convenienza, o per ostinata fiducia, ossequiano la ripetitiva cerimonia. Se per l’ultimo di libro di Antonio Floridia, esso viene definito ” Un Partito sbagliato”, è innegabile che in questa formazione politica, pur erede della grande tradizione della sinistra, il livello del marcio abbia raggiunto vette eccelse, così tanto da non essere nemmeno più oggetto di attenzione tanto esso risulta ripetitivo e stucchevole. Eravamo abituati da tempo ad episodi di brogli che si susseguono puntuali ad ogni votazione e che purtroppo fanno della Campania la regione capofila, dalle code di cinesi a Napoli nel 2011, agli euro distribuiti agli elettori a sostegno della Valente nel 2016, o la tragicomica occupazione della sede Pd di Salerno da parte del parlamentare Guglielmo Vaccaro, quando alle primarie del 2014 non venne consentito la presenza agli scrutini. Ma l’episodio dei giorni scorsi nel nobile Circolo Vassallo, dedicato alla memoria del sindaco pescatore, le supera tutte queste vicende, assumendo tratti grotteschi da commedia dell’assurdo. E’ quanto accaduto ad Alfonso Andria, una carriera di lungo corso nel Pd che non solo alcuni anni fa per le stesse ragioni perse il seggio di senatore ma che in quest’ultima tornata, recatosi al seggio con la moglie Anna Apicella, si è trovata la sua firma già inserita nel rigo apposito. Una contraffazione grossolana visto che le regole di voto prevedono che l’elettore apponga la firma al momento del voto e considerato che in quella sezione ci sono altri due Apicella ma di sesso maschile. Quindi non un probabile errore ma un marchiano imbroglio ai danni non di uno sprovveduto elettore ma di uno dei maggiorenti del Partito. Insomma al circolo della zona orientale, aperto all’insegna della legalità (sic!), l’hanno fatta grossa ai danni di un politico autorevole apprezzato da molti cittadini, un episodio che farebbe quasi ridere se non fosse per molti aspetti preoccupante. Da tempo il Pd campano vede all’opera le truppe cammellate deluchiane che hanno occupato le sedi del partito ancora esistenti e la cui manovalanza ne combina di cotte e di crude, alla faccia delle regole della democrazia, della correttezza e finanche del decoro. Così come da tempo le percentuali bulgare al gruppo politico che da venticinque anni governa la città e oggi la Regione, hanno asfaltato il partito in quanto tale e ne hanno fatto una segreteria agli ordini del capo dove uomini dalla schiena poco dritta continuano ad obbedir tacendo. C’è da chiedersi quindi ( e probabilmente se lo sarà chiesto anche il senatore Andria) quali possano essere le ragioni di continuare a perservare in queste pratiche di brogli così facilmente rilevabili, se il risultato è scontato e la vittoria è certa. Se si tratti cioè di una naturale inclinazione all’irregolarità, un tratto ossessivo compulsivo verso l’illecito o se non sia invece il segno di una sbadata accozzaglia di traffichini che questa volta l’hanno combinata grossa e che non sa nemmeno fare più un broglio “ come cristo comanda”; o se infine, questo malaffare non sia il corredo di una sempre più sfacciata esibizione muscolare locale, modello “bravi” di Don Rodrigo. Forse, più semplicemente, dietro la facciata da gaglioffi manzoniani, alberga una qualche insicurezza, vedi elezioni del marzo scorso dove una dei rampolli jr è dovuto andare a prendersi i voti a Caserta. Quindi un mix di gaglioffaggine e insicurezza. Ma la vera domanda è un’altra: perché andare a votare, se la partita è truccata? Zingaretti nel resto del paese non arriva al 50 % e lo stacco da Martina è di una decina di punti, ma a Salerno i titoli dei giornalini al seguito non guardano oltre la siepe e danno già vincente il candidato renziano Martina, appoggiato da De Luca, così come a Napoli è in gioco un altro uomo di De Luca, Leo Annunziata, sindaco di Poggiomarino. Tutto questo non potrebbe accadere in un partito serio con regole certe e rigorose e la tara che corrode il pd non è locale ma nazionale, di un Partito che gioca con regole apparenti di democrazia, che elegge intere famigliole a comando, dove i voti servono solo a misurare l’ordine di grandezza dei vari competitor in una lotta tutta intestina, ormai irrilevante. In tale scenario tutti fanno parte del medesimo gioco, chi vince e chi perde, a Roma come a Salerno e chi vuole comunque andare a votare, a dispetto dei santi, rischia di ritrovarsi la moglie già “firmata”. Il risultato è che, vinca Martina o Zingaretti, Salerno resta una fatiscente fortezza Bastiani del Pd, con intorno un sempre più arido deserto dei tartari, una fortezza a guardia del nulla.