Pubblico e privato per la valorizzazione di un patrimonio culturale
In tempi recenti è salito l’interesse della comunità scientifica per la storia delle attività produttive e più in generale del lavoro in Campania; in questo settore il territorio meridionale e in particolare il salernitano dispongono di una fonte di ricerca straordinaria costituita dall’archivio storico delle Manifatture Cotoniere Meridionalidi proprietà di un privato, l’imprenditore Gianni Lettieri, ma dichiarato di interesse storico dal Ministero per i beni e le attività culturali fin dal 1983. Un lungo itinerario, avviato nei primi decenni dell’Ottocento con i provvedimenti legislativi che crearono una fortissima barriera protettiva, una sorta di “serra” in cui le industrie meridionali ebbero la possibilità di svilupparsi; proseguito con i grandi progressi dell’industria cotoniera che, in particolare nella provincia di Salerno, conobbe una forte crescita, grazie ad una serie di “capitani d’industria” stranieri, soprattutto svizzeri ma anche tedeschi, insediatisi a Fratte di Salerno sul fiume Irno e a Scafati sul fiume Sarno. Si trattò di una vera rivoluzione industriale: negli insediamenti salernitani vennero introdotti fattori organizzativi e produttivi che indurranno uno sviluppo accelerato di un rilievo mai prima conosciuto. Vengono abbandonate le antiche produzioni della lana, del lino, della seta concentrandosi essenzialmente solo sul cotone, lavorazione che consente più alti margini di remunerazione, miglioramento della qualità dei prodotti finiti e un’ampia diversificazione produttiva. Attorno al sistema industriale tessile sorge, soprattutto nella Valle dell’Irno, qualcosa di molto simile ad una piccola città-fabbrica, di micro- dimensioni, con asili, scuole, case e villini per i dirigenti, chiese per il culto, un cimitero per i membri della comunità straniera. L’impresa si scontrerà, nel procedere del tempo, con ardue difficoltà dimostratesi insormontabili: gli imprenditori esteri matureranno la scelta di un proprio definitivo disimpegno ed abbandono per l’incapacità di resistere nel confronto competitivo, scontando l’arretratezza estrema del sistema d’infrastrutture, l’indifferenza del sistema bancario, il mancato impiego di capitali di rischio da parte dell’imprenditoria locale, la difficoltà di raccolta ed approvvigionamento della materia prima e di commercializzazione del prodotto finito. La Grande Guerra concorrerà a trasformare il polo tessile che nel 1918 viene nazionalizzato, divenendo proprietà della Banca Italiana di Sconto: nasce la Società Cotonificio Salernitano. Si concluderà allora l’avventura degli imprenditori svizzeri nell’area salernitana, dove lavoravano in quell’anno 7.000 persone, giravano 180.000 fusi, erano in azione 1.400 telai. Nel 1930 le industrie cotoniere divennero di proprietà del Banco di Napoli e successivamente seguirono ristrutturazioni e salvataggi da parte dello Stato, fino all’ingresso prima dell’IRI e poi dell’ENI, con l’intento, purtroppo fallito, di integrare settore chimico e tessile, il decino diventa inarrestabile. I documenti raccontano anche la storia del movimento operaio nel salernitano. La travolgente rivoluzione produttiva realizzata dagli svizzeri si era realizzata con il massimo sfruttamento della manodopera: turni lunghi e durissimi, con modalità di controllo sulle maestranze di tipo poliziesco, con ricorso eccessivo, spesso immotivato, alle multe per infrazioni a regolamenti rigidissimi, applicati per tutti allo stesso modo, per adulti e bambini. Il padronato svizzero si era distinto, in misura assai più elevata dei concorrenti, con l’impegno massiccio di donne e bambini, manodopera a basso costo facilmente reperibile e retribuzioni assai più basse di quelle degli operai. Si dovrà attendere fino al 1907 perché lo Stato italiano, con un’apposita legge, proibisca il lavoro in fabbrica ai ragazzi fino ai 12 anni ed il lavoro notturno per le donne e i minori. In tale occasione sarà sancito il principio della non superabilità dell’orario di 11 ore di lavoro al giorno per i ragazzi e di 12 ore giornaliere per le donne. Del resto nel salernitano parte proprio dall’industria cotoniera la marcia dei lavoratori per conquistare un più avanzato livello di tutele normative e salariali, col riconoscimento di diritti elementari. Un percorso che risulterà aspro e difficile nel quale si registreranno molte più sconfitte che conquiste, con una sproporzione delle forze in campo e la dura intransigenza politica di un padronato di antica tradizione capitalistica. Tutta ancora da ricostruire la storia degli scioperi e delle agitazioni operaie che si succederanno nei settori cotonieri, avviati nel 1897 dal grande sciopero delle filatrici; solo nel 1901 nelle fabbriche di Fratte, si riuscirà ad ottenere un incremento di salario attorno al 5%. L’ultima lotta operaia del settore tessile si avrà in pieno fascismo, nel periodo tra il ‘22 ed il ‘24, con il grande sciopero tessile del novembre 1924. Poi un lungo silenzio, prima della ripresa dell’immediato dopoguerra e delle lotte sviluppate negli anni Cinquanta e nei decenni successivi in difesa delle fabbriche e dell’occupazione. Sono gli anni in cui si operano cambiamenti proprietari e societari, con ripetute azioni di sostegno finanziario e di salvataggio, con il diretto intervento dell’IRI nel ‘50 e dell’ENI nel 1970. La scelta sarà quella dell’assoluto disimpegno, senza alternative allo sbocco rovinoso cui malinconicamente si giungerà attorno agli inizi degli anni Novanta, con lo stabilimento praticamente chiuso. L’ultimo atto è del luglio del 1995, quando il gruppo industriale Lettieri acquista dall’Eni le Manifatture Cotoniere Meridionali e con esse il prezioso Archivio su cui si pone la domanda: MCM. Un archivio che raccoglie la storia dell’industria tessile in Campania.quale futuro per uno straordinario patrimonio culturale? Nelle oltre 600 casse attualmente in deposito presso l’Archivio di Stato di Avellino si conserva un patrimonio culturale di grande importanza: una enorme massa di documenti, fotografie, film pubblicitari in cui si sedimenta la storia degli stabilimenti di Salerno, Angri, Nocera, Scafati, Napoli, Spoleto, Castellammare, ma anche delle “Manifatture Cotoniere d’Africa” ( in Somalia ed Etiopia dal 1937 agli anni Sessanta), del Canapificio del Volturno, delle M.C.M. Spugna Avellino (insediamento industriale di Altavilla Irpina), delle Confezioni Valsarno. Non solo documenti ma anche eccezionali volumi di campionari di tessuti che testimoniano oltre 100 anni di moda e di design, dai tessuti di arredo ai fazzoletti da taschino. Nell’area delle vecchie Manifatture l’attuale proprietario Lettieri, imprenditore napoletano con forti legami con il territorio salernitano, ha insediato un vasto centro commerciale nel quale è rimasta fortunatamente integra la vecchia palazzina ottocentesca che ha ospitato per decenni la direzione dell’impresa, che nell’insediamento è passata alla proprietà del Comune di Salerno. Essa è la sede ideale per l’Archivio storico del Museo dell’industria tessile salernitana. Da questi elementi nasce il progetto elaborato dalla Società Salernitana di Storia Patria e dal Dipartimento di Scienze Politiche ‘Jean Monnet’ della Università della Campania “Luigi Vanvitelli” per la costituzione del Museo e Archivio Storico delle Manifatture Cotoniere Meridionali. Elemento fondante del progetto, oltre la valorizzazione e fruizione di uno straordinario bene culturale,la possibilità di aprireun “cantiere culturale” per l’allestimento della struttura che divenga occasione di impiego per giovani professionisti dei beni culturali, dalle competenze specialistiche, che potrebbero poi essere coinvolti nella successiva gestione del museo e dell’archivio. Un primo passo è stato compiuto: una lettera di intenti da parte dei promotori del progetto è stata inviata all’Amministrazione comunale (prot. E nr. 0187679 del 22 ottobre 2018 ). Stiamo aspettando una risposta…
Michela Sessa, Società Salernitana di Storia Patria
Nelle foto locandine e campionari delle Manifatture Cotoniere Meridionali