Liberi e uguali: a colloquio con Mastrolia, Cacciatore, Preterossi

Si chiamano Liberi e Uguali con un nome che ricorda, vagamente, il motto della Rivoluzione e della Repubblica francese. E’ un buon inizio, soprattutto con la presenza del Presidente del Senato Grasso. Ma l’unione nelle varie aree di sinistra, da sempre, fa più la debolezza che la forza. Specialmente dalle nostre parti la fusione a freddo tra Mdp, Possibile e Sinistra italiana, non è proprio indolore tra chi sostiene che con la legge elettorale correre da soli è un suicidio; tra chi pensa che di alleanza con il PD non se ne parla proprio, e tra chi, non ultimo, pensa che è meglio vedere prima il cammello ( cioè i risultati elettorali).  Il dibattito amletico tra “Pd or not Pd”  a  Salerno si tinge anche di un leggero scontro sul nome di Federico Conte, visto che di figli e parenti in lizza ce ne sono molti, a cominciare dal giovane De Luca. E mentre loro discutono, i 5 stelle avanzano, la destra avanza e si affacciano nuovi movimenti di giovani ancora più marcati a sinistra. Vediamo cosa ne dicono alcuni studiosi che di politica si occupano a tempo pieno. “In un primo momento, ci dice Nunziante Mastrolia, docente di Geografia politica alla Luiss, mi ero schierato con Mdp ma ora non sono più tanto in sintonia. Con questa legge elettorale io sostenevo un accordo con il Pd, un accordo fatto da diversi perché in  una coalizione si attinge ad elettorati diversi”. Ma allora tanto valeva rimanere nel Pd come minoranza di opposizione?:“Sì , ma bisognava porre delle condizioni forti come ad esempio sostenere il candidato premier; un ‘alleanza non significa giustificare quello che è stato fatto o lanciare proposte che restano irrealizzabili, se va bene prenderemo il 6%, mentre se vince la destra noi risultiamo inefficaci”. “Ci sono tante persone che temono i 5 stelle; questi non sono tempi normali, vi sono molti schieramenti a destra, rigurgiti di fascismo in Europa, continua Mastrolia, se il sistema fosse stato proporzionale avremmo dovuto correre da soli ma con questa legge elettorale correre da soli significa farsi del male”. Tuttavia a Salerno un’alleanza con il Pd , del tutto dominato da De Luca, andrebbe ancora una volta a sostenere l’anomalia esistente:” Certo che a Salerno c’è un’anomalia ma l’Italia non è Salerno e Renzi ha commesso molti errori ma è inutile rincorrere Corbyn o Sander, con i quali i parametri della sinistra attraggono molte persone. Compito della sinistra è garantire i diritti sociali stabiliti dalla Costituzione al numero più alto di persone tenendo conto dei costi pubblici,  questo è il punto, noi siamo ancora in una società fordista,  un modello della fabbrica  che non esiste più. Bisogna pensare a nuovi modelli,  andare verso una società postfordista ma per questo sono necessarie alleanze forti che riescano a vincere le destre e ricostruiscano un percorso politico condiviso”.  Di tutt’altra opinione Peppino Cacciatore che si è molto impegnato nel referendum costituzionale a favore del NO. “Escluderei, ci dice Cacciatore,  che il problema sia quello dell’alleanza o meno con il PD, sono fibrillazioni interne ad uno schieramento che è il frutto di tre formazioni, Mdp, SI, Possibile;  è anche nella fisiologia delle alleanze girare intorno a vecchie politiche. Già c’era stato un attrito nella fase dei delegati all’assemblea a Roma ma nelle riunioni al Circolo Berlinguer sono state riviste molte posizioni. Bisogna tenere conto che dal PD sono usciti 84 tra deputati e senatori, che molto probabilmente al Senato non prenderemo seggi, che i punti forti sono Bersani, Boldrini ma c’è una ressa degli uscenti che complica le scelte. Non ha senso allearsi quando già dentro al Pd non c’era più possibilità di intesa e comunque non è il solo punto di attrito. Bisogna garantire le pari opportunità nelle liste, Conte è un bravo professionista e non va discriminato; poi si guarda ad altri candidati come Lambiase, Tavella,  la Di Serio. Il nostro punto d’arrivo è chiudere al più presto la fase delle candidature  per passare ad illustrare il programma, fondato sui principi di socialismo riformista, sul welfare, sulla equiparazione salariale tra uomo e donna, sull’abolizione del jobs act. Piuttosto preoccupa il discorso dei 5 Stelle dentro il quale a mio avviso c’è un elemento strutturale di equivoco, un gruppo dirigente che cavalca l’elettorato a destra e a sinistra mentre quello che bisogna fare è cercare di aprire un confronto con i milioni di persone che votano il M5S”. “ Quindi prima dobbiamo affrontare tuti questi nodi, continua Cacciatore,  e poi si vedrà per le alleanze che è un punto da affrontare dopo le elezioni e non prima. La candidatura di Renzi  a Napoli, a voler pensar bene può essere a causa della debolezza del Pd napoletano che attraversa da tempo una enorme crisi oppure pensa di prendersi i voti deluchiani, ma Renzi è un pezzo della crisi della democrazia rappresentativa del socialismo europeo, le sue politiche hanno fatto perdere il 15/20 per cento al PD. La cosa che più mi sorprende è che intorno a Renzi si è creato un gruppo consistente di teste pensanti, da Biagio di Giovanni, a Beppe Vacca finanche Tronti,  Franco Cassano, intellettuali della vecchia guardia si sono schierati con Renzi sostenendo le sue politiche”. Forse per molti intellettuali della vecchia guardia, il Pd è ancora la sinistra e non altro: “ Ma come si fa a considerare questo dopo che è stata venduta l’Unità, il giornale di Antonio Gramsci e come si può pensare di fare una battaglia con Liberi e Uguali e poi allearsi con il PD?” Per Preterossi, docente di Dottrine politiche all’Università di Salerno, il problema non si pone nemmeno: “La mia è una posizione molto critica e netta dopo il referendum e la vittoria del No.  Renzi è stato sconfitto dal popolo italiano ma quella energia è stata abbandonata anche a sinistra, è stata lasciata cadere a differenza di altri paesi dove figure come Corbyn hanno rilanciato i valori di sinistra, è riuscito a rimpadronirsi  un partito subalterno al neoliberismo riformistico e a rinsaldarsi alla sinistra riformista antagonista. Per certi aspetti la Brexit è stata una occasione di ripoliticizzazione nel conflitto tra aree della società,  tra ricchi e poveri, tra giovani e periferie. C’è una grande questione sociale che Corbyn ha rilanciato nel discorso di Brighton; citando Gramsci e l’egemonia ha dimostrato come la destra si era impossessata dei temi della sinistra, delle sue parole d’ordine. Qui abbiamo invece una grande difficoltà e ci sono delle ragioni, la prima è la perdita della rappresentanza dei ceti popolari, del mondo del lavoro, un mondo che non si riconosce più nella sinistra, si sente tradito; la seconda ragione è che Renzi è un fenomeno di passaggio arrivato sulla cresta dell’onda ed è finito con il governo Gentiloni che non è altro che un galleggiamento”. “Siamo  ormai, continua Preterossi, alla chiusura di un ciclo, al tramonto della subalternità al globalismo,  con l’idea che finché c’erano le vacche grasse della finanza il gioco reggeva ancora ma con la crisi dell’eurozona la crisi emerge e ci viene addosso. L’euro doveva servire ad unire  l’Europa, la politica di Ciampi della moneta che doveva servire a unire i popoli, non ha tenuto conto che non è stata generata alcuna solidarietà tra i paesi. Da qui le divergenze e il fallimento della politica dell’euro e oggi il risultato è l’accusa di populismo; ma il populismo altri non è che la difesa delle politiche del lavoro e dello stato sociale e che ha portato in Spagna i Podemos al 25%; in Francia Melanchon al 20%. Questa area ha occupato un vuoto, qui in Italia con il Movimento 5 Stelle. Certo non c’è nei loro vertici un grande disegno politico, ci sono dei limiti; come in questa iniziativa di Grasso si cerca di presidiare un’area, di riprendere certi temi ma quello di cui ci sarebbe bisogno è un consenso forte. Paradossalmente in questa emergenza, la coalizione di Grasso finisce con l’essere il punto più avanzato anche perché dentro questa area ci sono persone che hanno consapevolezza  ma non si tratta solo di trovare un buon amministratore di condominio”. “C’è chi spinge, continua Preterossi,  a risostenere il PD ma il PD è alla frutta, vivono in una bolla e finiscono con il far lucrare vantaggi ai Salvini e ai Meloni. Certamente c’è una questione delle giunte 5stelle ed è normale che le aree privilegiate si tutelino ma questa privatizzazione della politica delle classi dirigenti, come del resto nel capitalismo italiano, ci porterà sempre più al declino del paese. C’è bisogno di un grande rilancio culturale ed economico, di nuove grandi politiche keinesiane e alcune risposte stanno venendo dai giovani che si stanno ispirando a Corbyn, come il gruppo bolognese di Senso comune, come l’esperienza napoletana dell’ex ospedale  psichiatrico come Potere al popolo che sta radunando i giovani precari e sta dimostrando che solo da una nuova radicalità potrà nascere una nuova sinistra”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

http://www.largine.it/index.php/un-nuovo-senso-comune-il-discorso-di-jeremy-corbyn-alla-conferenza-annuale-del-labour/

 

Luciana Libero

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