Gli scomparsi. Cosa resterà dei nostri borghi

Nei giorni scorsi la Fondazione Migrantes ha segnalato il continuo spopolamento di tanti piccoli centri e borghi tra cui molti comuni campani, alcuni dei quali rischiano la totale scomparsa come Castelnuovo di Conza, Gallo Matese, Santomenna, Cairano, Castelvetere in Val Fortore, Conza della Campania. I Comuni sono i primi 50 centri centri da cui sono partiti molti cittadini oggi residenti all’estero. Tra tutti campeggiano Castelnuovo di Conza con soli 598 abitanti compresi quelli che lavorano fuori dall’Italia con una emigrazione che ha falcidiato il piccolo paese del salernitano e Santomenna con 445 residenti.  Altro caso segnato da una forte emigrazione è Padula, la città della magnifica Certosa.

Un sottile venticello nel buio del parcheggio della Certosa di San Lorenzo, a Padula, e un pullman che sta per ripartire. A destra, illuminato da una luce fioca, un chiosco che espone alcuni prodotti del luogo ben imbustati e il venditore che esce dalla sua auto scura per staccare il biglietto di 3 euro del parcheggio. Dopo la visita al museo mi incammino verso il centro storico. Incrocio solo un uomo anziano che torna a casa con una Fiat 500 rossa degli Anni 60, è intento a parcheggiarla nel suo garage: legna e utensili vari appoggiati alla rinfusa e una trave di legno rimasta in bella vista. Qualche altra luce fioca. Silenzio, buio e vuoto anche presso la casa di Joe Petrosino (5357 abitanti, Istat 2016).A Torella dei Lombardi, ricostruita dopo il terremoto del 1980, c’è il bellissimo Castello Candriano e una biblioteca, ma pochissimi partecipanti alla presentazione di un libro sul ministro Salvini. (2111 abitanti, Istat 2016). A Rocca San Felice, il paese presepe ti accoglie con il suo tiglio secolare e l’insegna di un bar quasi spenta con davanti il cartello “Vendesi”. (843 abitanti, Istat 2016). A Cairano, buio e silenzio. Un bar, l’unicoincontrato, si vendono anche i giornali mentre qualcuno beve l’aperitivo nella piazzetta della Chiesa di San Leone. (315 abitanti, Istat 2016).  A Nusco, tra i borghi più belli d’Italia, alla pasticceria non ci sono più dolci però c’è il torrone Cataruozzolo che producono a Grottaminarda nel bar vicino alla piazza Sant’Amato.  Appena esci passa una Ferrari rosso fiammante con dentro un uomo e una donna con i capelli biondi. (4155 abitanti, Istat 2016). A Colliano un gatto miagola vicino ad un palazzo storico da ristrutturare. Si avvicina e fa le fusa nel silenzio avvolgente delle mura di pietre e di cemento. (3611 abitanti, Istat 2016). A Quaglietta il Borgo è diventato albergo diffuso grazie a due giovani ingegneri, Giacomo ed Alessandro che ti accompagnano per la visita, ne ammiri il paesaggio, ne apprezzi la passione e quando torni all’auto trovi un gruppo di anziani, uomini e donne, seduti sulle panchine a chiacchierare. Sono dieci. (Comune di Calabritto, 2.364 abitanti. Istat 2016). A Teora piove. Le auto parcheggiate lungo la carreggiata e nessuno in giro. Nel bar di fronte al municipio un barista serve il caffè mentresu Canale 21 va in onda il film, tratto dal libro di Leonardo Sciascia “Il giorno della civetta”. Esci ed entra un’altra persona. (1516 abitanti, Istat 2016). Ad Oliveto Citra è domenica, Il Sole 24 Ore è finito, c’era solo una copia. (3752 abitanti, Istat 2016). A Savoia di Lucania c’è la processione, la banda è di Sassano ed aspetta composta che la messa finisca. Ci si incammina per le vie del paese, vecchio e nuovo coabitano armonicamente, siamo almeno 50. Alcuni cantano, altri pregano, qualcuno chiacchiera. (1114 abitanti, Istat 2016). Irruenta è la sensazione di scoramento che ad un certo punto ti assale. Gli occhi sono umidi senza l’energia di piangere mentre la statua rientra in chiesa traballante sulle spalle dei portatori. I luoghi si accomunano nella desolazione, il visitatore si sente invadente e chiassoso tra le serrande chiuse, le luci spente e il vociare lontano. Qualche bambino gioca nel parco pubblico a Savoia di Lucania e a Nusco, altrove solo anziani. Alle finestre illuminate speri si affacci qualcuno che ti confermi la sua esistenza, ti accontenteresti anche di un’ombra che però non vedrai. E nel buio delle strade che stai percorrendo per tornare a casa, con l’attenzione di chi non vuole perdersi, dovrai ricalcolare il percorso come ha suggerito il navigatore. Pensi all’arricchimento che le pietre e il silenzio ti hanno appena dato, avverti la magia e la storia e la cultura che questi luoghi conservano, un patrimonio ed una ricchezza che le generazioni successive a me potrebbero non riconoscere. Il Prof. Vito Teti di Antropologia culturale all’Università della Calabria, Direttore e fondatore del Centro di iniziative e ricerche “Antropologie e Letterature del Mediterraneo”  mi parla di “disperanza, questo miscuglio di dolore e disperazione per l’esistente e allo stesso tempo una sottile vena di speranza che può essere la prosecuzione di una disperazione critica, cioè disperarsi non per soccombere ma per uscire da quello stato di prostrazione che potrebbe farci perdere la presenza […] dovremmo avere un pessimismo nella riflessione e nell’analisi e un ottimismo della volontà, altrimenti ci metteremmo in un posto per aspettare la fine, invece vivere comporta fare i conti con il dolore e allo stesso tempo sperare ed andare avanti. È questo l’auspicio che voglio fare ai giovani che vivono nei paesi che sembrano così desolati e così deserti, che forse si può ricominciare, si può ripartire o almeno bisogna provarci […] la fantasia e l’immaginazione devono essere messe al servizio dell’idea di cambiare il destino di questi luoghi”. Allora è diventato un esercizio di memoria e scrittura annotare su un taccuino ogni passeggiata tra i borghi dell’Irpinia, della Valle del Sele e del Vallo di Diano, è diventata una scelta consapevole restare, con i rischi e le incertezze del futuro ma la felicità di sentirsi a casa tra i paesi in abbandono e quelli in ricostruzione, tra disperazione e dignità.

Valentina Risi

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *