Giacomo, guida di montagna, pratica il wolf howling (*) servendosi di un megafono per emettere richiami dei lupi a grandi distanze in attesa di una risposta; due ricercatrici campionano le acque di un lago contaminate dalla presenza di un grande impianto di estrazione petrolifera; due giovani contadini vagano tra i paesaggi aridi e primitivi dei calanchi; degli adolescenti percorrono le strade di una città consumata dalla speculazione edilizia ; due speleologi si immergono nelle profondità di una grotta. E’ “Il mondo o niente”, tentativo di raccontare con un film uno dei tanti sud Italia, un sud isolato ed allo stesso tempo iper-connesso, un sud fatto non soltanto di veli neri, processioni, terre d’argilla e villaggi arroccati su colline spoglie, un sud che non è soltanto quel “mondo di sotto” raccontato da Carlo Levi. Quest’altro mondo ci è molto vicino ed è attraversato da una modernità che si scontra e confligge con arcaismi idealizzati: contadini adolescenti usano con la stessa dimestichezza un iPhone 6 e forbici da potatura, i lupi rispondono a richiami emessi da un megafono in alta montagna e mentre antenne satellitari si connettono solennemente allo spazio lontano, un giacimento petrolifero getta un’ombra minacciosa sulle acque di un lago. Ho deciso di partire all’esplorazione della Basilicata circa un anno fa, intraprendendo un viaggio guidato dalle parole di Carlo Levi che negli anni ‘35 e ’36 si ritrovò confinato “in questa terra oscura, senza peccato e senza redenzione, dove il male non è morale, ma è un dolore terrestre, che sta per sempre nelle cose”. Durante la scrittura del film mi sono interrogata spesso su come fare per vivere questa deriva in una regione così vicina alla mia, per poter penetrare un territorio, per osservarlo e filtrarlo attraverso la lente dell’obbiettivo. Come rimanere aperta e permeabile a incontri e suggestioni.Il film è un’immersione nel reale in una terra fragile e potente che incarna, credo, una costante dialettica vita/morte.Ho provato a raccontare alcuni dei diversi strati di questa terra e della sua fragilità – geologica e sociale- che compongono il nostro sud Italia, alla periferia meridionale di un’Europa disgregata, in un tempo di estrema confusione e incertezza per il futuro. Ho intrapreso questo viaggio chiedendomi cosa rimanesse oggi della Lucania di Carlo Levi, di quel Sud considerato da intellettuali e scrittori del dopoguerra come una periferia sottosviluppata del Nord Italia e del resto dell’Europa. Cosa rimane oggi e come vivono questi territori? Come re-imparare a guardare questi paesaggi che conosco e che allo stesso tempo ignoro, che mi accolgono e mi respingono, che amo e che detesto? “Il mondo o niente” è un lavoro ibrido, alla frontiera tra documentario e finzione, messa in scena e registrazione di ciò che si manifesta inaspettatamente davanti alla videocamera. Un viaggio concreto e metafisico in una terra che mi trattiene e mi respinge, fragile e potente. Ho tentato di creare per immagini un cosmo fatto di elementi naturali ed umani in cui la magia è nella natura, nella vicinanza agli elementi (la neve, le gocce d’acqua che risuonano in una grotta, un tronco d’albero, la fiamma ed il fuoco, la farina cosparsa sul viso). La magia (o un senso del sacro) come antidoto per fuggire l’orrore del quotidiano, per rimanere in sé, per non cadere nell’assenza ed ancorarsi all’esistenza. La magia come collante tra l’umano e la natura. Il film prende forma in una struttura frammentata e ellittica, procedendo per assonanze attraverso elementi, colori e suoni. Il montaggio si snoda in una progressione verticale, dal cielo alla terra, dalla montagna alle profondità del sottosuolo nel tempo di un solo giorno, dall’alba all’alba successiva. Un viaggio nel tempo e al di fuori del tempo. La progressione verticale che costruisce il film si struttura su tre livelli: un livello geografico tra cielo e terra; un livello temporale, il film si apre all’alba per chiudersi all’alba successiva ed un livello metafisico, la progressione verticale cielo/terra/sottosuolo corrisponde ad un’evoluzione realtà/rischio di disintegrazione. Filmare i personaggi attraverso i loro corpi in primissimo piano ed i loro gesti ha come scopo quello di restituire una percezione sensoriale ed organica, quasi sensibile al tatto e ai cinque sensi. Le forme, i corpi di queste presenze si integrano alla geografia dei luoghi tramutandosi in creature del paesaggio, in un paesaggio umano. Quell’umano che, alzando lo sguardo, contempla il cielo stellato lontano ed infinito constatando tutta la propria inadeguatezza. L’immersione visiva e sonora procede per strati ed è ritmata dall’incontro ed il successivo abbandono di personaggi, vere e proprie “guide” di questa esplorazione in cui la videocamera è lo strumento principale, testimone di un primo passaggio fisico in questi luoghi e degli incontri.
“Il mondo o niente”, un film di Chiara Caterina, Produzione: Le Fresnoy – Studio national © 2017, Fotografia : Chiara Caterina, Montaggio: Clara Chapus, Suono : Nicola Di Croce, Montaggio del suono e mix: Maxence Ciekawy, Color correction: François Engrand, Coordinatore di produzione: Estelle Benazet, Con il sostegno di : Alliance Française Basilicata. Con: Luca Telesca, Erhard Hysaj, Alì Sohna, Nadia Casamassima, Andrea Santantonio,Giacomo Gervasio, Giuseppe Fuccella,Maria Sighicelli, Patrizia Menegoni, Nicola Luongo, Giuseppe Mastrangelo, Gianmario De Salvo, Giuseppe Serra, Rossella De Rosa, Ariane Allo, Gromit, Lars, Sanoh,Chiara, Desirée, Giovanni De Nicola, Mattia Pessolano, Antonio Corrado, Giuseppe Di Bello,Tatiana D’Elia. Durata: 45′. Il film è stato presentato al 58° Festival dei Popoli di Firenze. E’ prevista una proiezione a Matera nel mese di marzo 2018.
Chiara Caterina è curatrice artistica alla Fondazione Aurelio Petroni (FAP) con sede a S. Cipriano Picentino in provincia di Salerno, nello storico palazzo della famiglia Petroni che fu anche residenza di Benedetto Croce. Con un gruppo di sei giovani italiani ed europei, si sono avviati progetti con artisti contemporanei tra cui Luigi De Angelis, i Void, Fanny & Alexander e altri. Dal 2011, la Fap fa parte della rete di residenze artistiche italiane Art in Residence ed internazionale Res Artis.
(*) Il wolf–howling è una tecnica usata in passato dai lupari abruzzesi e oggi viene utilizzata per studiare le popolazioni di Lupo nell’Appennino.