Il 30 gennaio agli Archivi di Stato di Salerno si terrà il convegno sul Censimento degli archivi fotografici, promosso dal Mibact, da Camera, Centro Italiano per la Fotografia e da Mudif, il Museo didattico della fotografia di Nocera Inferiore. Il Censimento è una iniziativa di Mibact e Camera, coordinato dall’Istituto centrale per il Catalogo e la documentazione e sostenuto dalla Direzione generale Arte e Architettura e Periferie Urbane; è parte del Portale della fotografia in Italia, avviato dal Ministero nel programma di valorizzazione del patrimonio fotografico nazionale.
Ci si interroga spesso sulle contraddizioni proprie dell’epoca in cui viviamo, convulsamente proiettati in un presente già passato e in un futuro che non ci lascia il tempo di riflettere prima di divenire anch’esso passato. Nel rapido svolgersi dei fatti, veniamo presi dalla struggente nostalgia di un passato che prende diverse forme: spesso sono quelle che ritroviamo nelle fotografie, stipate in cassetti o riordinate in album, a volte anch’essi precari, ma comunque oggetti concreti di un passato vissuto. Ogni volta troviamo particolari che ci parlano di cambiamenti intervenuti non solo nelle persone ma anche nei modi di posare davanti ad un obiettivo. La memoria ci consola e dà un senso al nostro essere e a quello delle generazioni future; è per questo che va conservata come patrimonio tutelato dallo Stato. Fin dalla prima legislazione in materia di tutela, risalente al 1939, si è posta attenzione alle pratiche di conservazione del patrimonio immateriale, compreso i documenti che la Pubblica Amministrazione produce e che costituiscono la vita della Repubblica e delle persone; una immensa mole di scritture e grafici di cui fanno parte atti di vendita o di acquisto o valutazioni di terreni, o processi, o liti o, ancora, disposizioni testamentarie e tant’altro. Ma tanta parte di questo immenso patrimonio culturale, è costituito dalle fotografie, antiche o moderne che siano, comprese piante e descrizioni minuziosamente rappresentate ed allegate ad atti; o miniature, magistralmente dipinte, nei codici più antichi, che descrivono luoghi o vite; o, per l’appunto foto a corredo di schede di catalogazione di particolare pregio documentario o artistico, di proprietà pubblica o privata e sottoposte a provvedimento di tutela. Come funzionario di una Soprintendenza, ho trascorso moltissime ore negli archivi di Stato e Diocesani, alla ricerca di qualcosa che mi portava sempre altrove. Cercando atti di commissione di opere d’arte, mi sono imbattuta in documenti inaspettati che hanno ridisegnato una Salerno in parte diversa da quella descritta fino ad allora dai pur encomiabili studiosi del primo Novecento. Allora mi ritrovavo a camminare tra vicoli, scalinate e luoghi che venivano illuminati da una nuova luce: via Tasso diventava via dei Gesuiti e vicolo Intendenza ricordava la destinazione del Palazzo di cui segnava il confine; i palazzi nobiliari prendevano altre forme, come quelle del loro primo nucleo; esploravo quanto in essi contenuto attraverso la puntuale descrizione inventariale di testamenti dei nobili salernitani. Comprendevo il loro rivolgersi ai Santi ed a Dio, barattando con essi una morte in grazia, il guadagno di indulgenze con beni donati alla chiesa o agli altari di cui erano ‘possessori’ e del cui ornamento si preoccupavano. Andando più indietro nel tempo, si affacciavano gli scenari più antichi attraverso pergamene e diplomi conferiti a studenti della Scuola Medica, prima Università di Medicina, che fece divenire grande Salerno, già in epoca longobarda, tra i frequentatori che giungevano da ogni dove per scambiare merci e saperi. Ho ammirato i colleghi degli Archivi salernitani che con amore e professionalità, hanno proceduto ad una sistematica opera di sistemazione e catalogazione che ha reso disponibili inventari completi e consultabili anche da remoto. Mesi fa mi sono fermata ad ammirare una pianta, disegnata con perizia, dell’edificio che si trova nella Dogana Regia, dove è l’arco che collega alla via Roma. Questa era in una vetrina nel salone di entrata dell’Archivio, insieme ad altre numerose carte di gran pregio e a quella inaugurazione erano presenti solo pochi affezionati cultori. Il presente che oggi si fissa solo per un attimo veloce senza che via sia il tempo di fermarlo, non aiuta le giovani generazioni a conoscere il valore della conservazione e della memoria. Compito questo che, in mancanza di altri maestri, deve essere svolto dallo Stato che auspicherei un poco meno attento alla equazione Bene Culturale eguale profitto che ha finito con il modificare la percezione stessa della cultura. Perché questa equazione si è portata dietro i tagli drastici agli archivi che hanno progressivamente perso l’autonomia di cui godevano ed i fondi a loro disposizione. Qui a Salerno l’Archivio di Stato, rischia di essere addirittura ‘cacciato’ dalla sua sede storica di proprietà della Amministrazione provinciale che, in stato deficitario, la vende. Tornando alle immagini, agli archivi e alle foto che nostalgicamente ci postiamo per ricordare la città “com’ era” viene in mente l’immagine di quella splendida cittadina che si parava di fronte al visitatore nel Medioevo: la sua forma triangolare, le attività del mare, le mura che ne costeggiavano e racchiudevano l’abitato, le porte Elina ad oriente, Maris a mezzogiorno; Rotensis a nord ed il Castello di Terracena a confine dell’Horto Magno. Il Castello di Arechi su su in cima al Colle Bonadies e la sua Torre ancora più a nord. O la città dell’ Ottocento, con il mare che arriva fino a dove oggi è via Roma o, dopo, nel 900 quando furono aperti varchi nei palazzi perché la via avesse un aspetto signorile e importante. Quanto di questo patrimonio è stato recuperato grazie alla documentazione conservata? Molto, i segni del passato sono i riferimenti principali di un restauro, sia esso di una chiesa o di un edificio storico di cui magari resta traccia solo in un atto di un matrimonio o in una foto fornita dai privati. Per questo abbiamo bisogno del passato.
Il progetto CAMERA, con sede a Torino, nasce con l’obiettivo di valorizzare e promuovere la fotografia italiana. Un patrimonio fotografico italiano di enti pubblici e privati che già documenta 160 enti dotati di archivi fotografici, 155 raccolte e ben 750 fondi. Il Censimento si configura come una rete di reti a cui partecipano diversi soggetti in forma singola o associata a cui hanno aderito Rete Fotografia (Milano), Rete regionale delle fototeche e degli archivi fotografici (Friuli Venezia Giulia), Rete delle Cineteche. Gli archivi fotografici stanno avendo molta fortuna negli ultimi anni; in alcune università italiane si stano organizzando corsi di Public History, come all’Università di Modena e Reggio Emilia e all’Università di Salerno con i corsi condotti da Marcello Ravveduto. Archivi di foto d’epoca stanno inoltre occupando pagine di Facebook che gruppi di privati organizzano sulla memoria della città di Salerno di cui evidentemente se ne sente un particolare bisogno. Tra gli archivi del nostro territorio occupa in posto di rilievo l’Archivio digitale comunale di Eboli, l’Ebad che conserva numerosi fondi, come il Fondo Gallotta, acquistato dal Comune di Eboli nel 1985, del fotografo ebolitano Luigi Gallotta che cominciò a produrre e a raccogliere fotografie dalla prima guerra mondiale fino alla sua morte, avvenuta nel 1995. Il fondo documenta le trasformazioni urbane di Eboli e della Piana del Sele, le tracce del mondo contadino e della sua evoluzione, gli avvenimenti pubblici, di carattere civile, militare o religioso, le antiche feste e tradizioni popolari e i ritratti; vi è poi il Fondo Somma, 300 immagini digitalizzate, di proprietà di. Marcello Somma, Ispettore Onorario della Soprintendenza Archeologica di Salerno e noto collezionista ebolitano. Vi sono inoltre fondi di cartoline e altri materiali d’epoca. Importante anche il lavoro che sta facendo da alcuni anni il Mudif, il Museo didattico della fotografia con la messa in rete dei musei locali e preziosi fondi come il Daina sulla Manifatture Cotoniere Meridionali dall’800 e gli insediamenti Svizzeri a Piedimonte d’ Alife, Scafati, Napoli, Salerno, Angri, a Nocera Inferiore; il Fondo Buscetto sulle industrie alimentari del salernitano e il ricco fondo di Francesco Iovane, nato a Nocera ed emigrato a Milano dove lavora come fotoreporter per Agenzie giornalistiche internazionali, fornendo scatti ai rotocalchi degli anni ’50 e ’60, come Oggi, Gente, La Domenica del Corriere, Epoca, Espresso, L’Europeo e documentando i maggiori eventi storici del periodo, l’invasione sovietica in Ungheria, la tragedia delle miniere belghe di Marcinelle, la Primavera di Praga, la tragedia del Vajont, e tanti altri eventi o le foto di divi e personaggi storici dell’epoca. Un patrimonio collettivo che andrebbe arricchito anche dei tanti dispersi album privati di fotografi di professione, o delle collezione private di cui compaiono foto sui social. La memoria fotografica resta uno dei territori più percorsi per tenere ben ferme le proprie radici, anche con piccole riscoperte come è avvenuto questa estate nel borgo di Aquara dove, con Aquara Ieri, è stato raccolto e messo in mostra il lavoro di Luigi Marino, fotografo muratore che aveva ritratto gli abitanti del suo paese.
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