“Nella mia qualità di Presidente della Società Salernitana di Storia Patria mi permetto di portare alla vostra attenzione la ventilata chiusura della Libreria Internazionale di Salerno.La saracinesca è ormai abbassata da qualche giorno ed espone un manifesto che reca la funesta scritta “Fittasi”. Si tratta, come in molti hanno già osservato nei commenti affidati ai vari social network, di un ulteriore attacco ai luoghi della cultura portato innanzi in ossequio ai peggiori aspetti di una società consumistica sempre più frastornata e abbagliatadallo sfavillio di rutilanti vetrine di alta moda o dall’ennesima friggitoria pomposamente chiamata Boulangerie”. È questo l’incipit di un documento che ho inviato agli enti pubblici e privati, alle associazioni culturali e ai tanti cittadini che non solo hanno frequentato negli anni i locali della libreria, ma che hanno a cuore le sorti della cultura e della sua funzione democratica. Era il 1949 quando un editore-libraio di Napoli, ma originario di Teggiano, ebbe la felice intuizione di aprire a Salerno la libreria sita nell’angolo tra Piazza Malta e Via dei Principati. Si chiamava Gaetano Macchiaroli e aveva dato vita nel 1945 alla casa editrice che porta il suo nome e si fece promotore, coadiuvato dal meglio che la tradizione socialista e comunista, da un lato, e quella liberal democratica, dall’altro, esprimevano, di alcune innovative scelte editoriali, come testimoniano le riviste che lo videro promotore, con altri prestigiosi intellettuali napoletani: nel ’44 fondò la rivista “L’ Acropoli“, diretta da Adolfo Omodeo, e poi venne “Cronache Meridionali”, diretta da Francesco De Martino, Mario Alicata e Giorgio Amendola. Infine, grazie alla collaborazione di due grandi studiosi dell’antichità classica, Giovanni Pugliese Carratelli e Marcello Gigante, fondò altre due importanti riviste come “La Parola del Passato” e “Cronache Ercolanesi”. Quando venne inaugurata la libreria a Salerno, la città mostrava ancora le terribili ferite della guerra, la disoccupazione incombeva, la ricostruzione era ancora parziale, e la sua morfologia, malgrado la presenza della sinistra socialista e comunista e di forze laiche azioniste e repubblicane, era ancora rappresentata nella sua maggioranza da un blocco sociale costituito da una stretta alleanza tra la DC (che sarebbe stata sempre più dominata e guidata da Carmine De Martino, padrone di tabacchifici ed esponente della destra democristiana) e la destra monarco-fascista, benedetta dalla curia arcivescovile. L’apertura della libreria Macchiaroli fu un sasso gettato in questa palude stagnante e costituì un originale tentativo di creare un nesso di reciprocità tra i programmi politici della sinistra democratica e le riflessioni di un gruppo di intellettuali impegnati nella ideazione e creazione di sperimentazioni artistiche e innovazioni critico-letterarie che contribuirono a svecchiare un ambiente torpido e indolente, passato dall’adesione opportunistica al fascismo al consenso verso il blocco politico monarchico-democristiano. Si realizzò così una fucina di iniziative – che trovarono sempre in prima linea Leopoldo Cassese, Pietro Laveglia, Tullio Lenza, Roberto Volpe, Aldo Falivena, Ugo Renna, Italo Gallo, Marcello Gigante, Pasquale Villani, Mario Carotenuto, Filiberto Menna, Alfonso Gatto – come quella della rivista di cultura filosofica e pedagogica “Il Maestrale” (diretta dall’indimenticabile Nino Mancuso), della rivista parlata “Il Lettore” che dava conto delle presentazioni di libri presso la libreria, che divenne ben presto nell’opinione dei benpensanti e conservatori la “libreria dei comunisti”, che altro non era se non un luogo di iniziative pubbliche attraverso le quali promuovere l’interesse e la partecipazione del maggior numero di persone non solo intellettuali di professione ma anche di operai e ceto medio, sulla scia della visione gramsciana in quegli stessi anni annunciata dalla pubblicazione dei Quaderni del carcere. E poi, intorno alla metà degli anni ’50, si avviò – quasi una filiazione della Macchiaroli – l’esperienza del “Circolo Democratico” con periodici incontri (introdotti da politici nazionali (come, ad esempio, Giorgio Amendola e Ugo La Malfa) tra intellettuali di diversa ispirazione politica, purché animati da un comune rispetto per gli ideali democratici. E a Salerno i dirigenti del Circolo Democratico riuscirono a far venire anche Pier Paolo Pasolini, contestato da gruppi di beceri figuri della destra salernitana. A metà degli anni ’50 Macchiaroli cedette la libreria alla famiglia De Spelladi che non snaturò le caratteristiche originarie di un luogo che non era solo esposizione e vendita di libri, ma discussione e confronto sulle ultime novità editoriali. Oggi la libreria è gestita da Alessandro, esponente di terza generazione, ma prima di lui il padre Rodolfo, libraio d’altri tempi – e qui un commosso ricordo voglio rivolgere alla memoria di Umberto Carrano libraio a Via Mercanti che chiuse i battenti dopo mezzo secolo e più circondato dai nuovi barbari del consumismo – che era in grado di fornirti informazioni e indicazioni sui libri che lui sapeva di poter essere utili all’interlocutore. Con il rilancio dell’Università a Piazza Malta, la libreria internazionale divenne il luogo in cui potevi tranquillamente incontrare mentre sfogliavano le ultime novità, docenti del calibro di Sanguineti, Menna, Salinari, Cantillo, Trimarco, Gallo, Coppola, Mango, Colletti, Masullo e tanti altri ancora. Ecco: questo è parte di un patrimonio culturale ed umano che si è inciso per settanta anni nella carne viva della società salernitana e che rischia di essere inghiottito nel gorgo di un tempo che vede con noncuranza il progressivo cancellarsi di luoghi, di memorie, di incontri, di riflessioni critiche. Certo qualcuno potrà appuntare sul risvolto della sua giacca mostrine e medaglie per le luminarie, i grandi edifici griffati, la spiaggia ritrovata, gli edifici-mondo nel centro storico, e così via. Ma nessuno ha il coraggio di portare i segni del lutto per la morte di tante librerie (ormai a Salerno esse si contano sulle dita di una sola mano) e non solo di esse.
GIUSEPPE CACCIATORE