Al Teatro Verdi di Salerno fino a domenica 25 “Il sindaco del rione Sanità” di Eduardo De Filippo con la regia di Mario Martone e con Francesco Di Leva, Giovanni Ludeno, Adriano Pantaleo, Giuseppe Gaudino, Daniela Ioia, Gianni Spezzano, Viviana Cangiano, Salvatore Presutto, Lucienne Perreca, Mimmo Esposito, Morena Di Leva, Ralph P, Armando De Giulio, Daniele Baselice, e la partecipazione di Massimiliano Gallo. Scene di Carmine Guarino, costumi di Giovanna Napolitano, luci di Cesare Accetta, musiche originali Ralph P. Prodotto da Elledieffe, NEST Napoli Est Teatro, Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, lo spettacolo ha debuttato in prima nazionale al NEST di Napoli nel marzo 2017 , in scena fino a domenica 25.
E’ mattino presto in casa Barracano ed è ancora buio, quando due donne allestiscono alla chetichella una improvvisata tavola operatoria. E’ rimasto ferito Palummiello, ad opera di ‘O Nait che insieme al cameriere Catiello lo sta portando a braccia nel salotto. E’ l’antefatto, il prologo di “Il sindaco del rione Sanità” che introduce l’arrivo del carismatico padrone di casa, don Antonio Barracano, pronto ad iniziare la lunga fila di udienze della giornata. Il ferimento, “o fatto ‘e sanghe” è già avvenuto fuori scena, così come accadrà per l’ultimo colpo di coltello, quello fatale, che porterà alla morte Don Antonio. “Chi tiene santi va in paradiso e chi non ne tiene va da Antonio Barracano”. Questa una delle frasi famose della commedia del ’60, che delinea il primo carattere del personaggio, un “buono” che protegge, difende dai soprusi, combatte le ingiustizie e mette ordine nei conflitti del turbolento quartiere. Ma Barracano è anche altro; è colui che restituisce soldi immaginari ad un usuraio carogna il quale tace e accosente o cerca di mettere pace a modo suo tra il giovane Rafiluccio che vuole ammazzare il padre Arturo. La guerra tra padre e figlio sarà fatale e nella scena finale, una sorta di ultima cena, tra traditori e fedeli, il boss ricompone il conflitto ma al prezzo della vita. Sarà il fidato medico e consigliere, che non a caso si chiama Della Ragione, a mettere fine all’illegalità, decidendo di redigere un certificato veritiero sulle modalità della morte. Eduardo amava molto la figura di Barracano che per lui non era un camorrista ma un uomo che ha sofferto l’ingiustizia e risponde ad una legge propria, come già Filomena Marturano; tuttavia è proprio il carattere di giustiziere a dare una affascinante ambiguità al personaggio. Il rispetto della comunità che si rivolge a lui si confonde spesso con il timore; la violenza gli appartiene perché da essa proviene visto che da giovane è stato ingiustamente accusato di un omicidio e che per salvarsi non ha esitato a corrompere testimoni; così anche la corruzione non gli è estranea. E’ insomma un uomo che impone la sua legge ed è questo l’interesse maggiore del teatro eduardiano: la capacità di “spacchettare” il personaggio in più facce lasciando il campo libero all’interpretazione del pubblico – e anche della critica che a suo tempo si divise nel giudizio sulla commedia. Non mancano nel testo alcuni luoghi tipici del teatro di Eduardo, il conflitto tra io e il mondo ( cui la studiosa Anna Barsotti ha dedicato un saggio esemplare, “Eduardo drammaturgo”); l’evento criminoso che accade epicamente fuori scena secondo l’insegnamento di Viviani; il martirio finale che fa di Barracano un personaggio stoico che sceglie il sacrificio per salvare la comunità. Sarà così la legge, la norma, a chiudere il sipario. Con questa materia incandescente che è tornata attuale ai tempi di Gomorra e delle sfide delle baby gang sulla piazza del napoletano, Mario Martone ha creato un laboratorio civile nel teatro NEST di S. Giovanni a Teduccio, quartiere altrettanto difficile quanto la Sanità, e ha riunito un cast di giovani attori, come Francesco Di Leva nel ruolo del sindaco, cofondatore del NEST insieme ad Adriano Pantaleo, Giuseppe Miale Di Mauro e Giuseppe Gaudino, anche loro partecipi del progetto. Martone ha abbassato l’età dei personaggi spostando ai giorni nostri la commedia; scelte che mutano radicalmente il testo rispetto ad Eduardo, il cui Sindaco rappresentava una realtà al crepuscolo, la cui morte segna un auspicato riscatto sociale e colloca invece la vicenda al presente in un contesto insanguinato ogni giorno da fatti crudi di violenza e da boss o aspiranti tali sempre più giovani. Rappresentato per la prima volta al Teatro Quirino di Roma, il testo fu poi portato in televisione nel ’64 e in una seconda versione nel ’79 e nel cinema nel ’96 con Antony Quinn nel ruolo del protagonista. Molte le messe in scena italiane, tra cui quella dell’87 con la regia di Antonio Calenda con Turi Ferro. Nel ’96 ne fu fatta una versione cinematografica con Anthony Quinn diretto da Ugo Fabrizio Giordani con Raoul Bova e Maria Grazia Cucinotta. Ispirato ad un personaggio reale, tale Campoluongo che componeva vertenze nel rione Sanità. Mario Martone è alla sua prima regia di una opera di Eduardo.