Intervento di Stefania Sarsini, attivista e militante fiorentina, animalista, che di recente ha raccontato la sua storia all’Archivio del ’68 di Firenze, “Storia di una donna dal 1968 al 2018. Sogni, realta’, immagini, parole
“Raccontare la storia della mia vita di attivista politica extraparlamentare di quasi 30 anni non è facile ma comunque ci provo. Il mio sarà piuttosto un profilo biografico, le teorie che lo hanno determinato saranno accennate ma non approfondite. Dopo tanti anni di lavoro politico non posso che cogliere un filo rosso che li attraversa. Ogni periodo politico che va dagli anni delle lotte studentesche e operaie del ’68al femminismo degli anni 70, con Lotta Femminista, alle lotte animaliste di questi ultimi venti anni , L’Antispecismo e Veganesimo,(La Resistenza etica per la liberazione degli animali), descrivono la continuità etica delle mie scelte contro le istituzioni e contro una politica e un senso comune connivente e che autorizza lo sfruttamento della classe operaia, degli immigrati, delle donne e contro i loro diritti, le sfrutta, le violenta, le uccide così come il disconoscimento dei diritti degli animali considerandoli oggetti ad uso e consumo della specie umana, violentandoli, torturandoli per sperimentazione scientifica, allevandoli in condizioni di sofferenze inaudite per poi ucciderli e legalizzando un barbaro crimine. Innanzitutto ho avuto la fortuna di nascere a Firenze, e di aver incontrato una persona molto importante per l’evoluzione della mia vita: Padre Ernesto Balducci. Avevo vissuto gli anni sessanta immersa in una esperienza religiosa molto poco ortodossa, ma forte ed innovativa. La rivista “Testimonianze “ fondata appunto nel 58 da Padre Balducci insieme a La Pira , Don Milani, Giovanni Papini , furono i protagonisti di una importante trasformazione culturale del mondo cattolico del dopo guerra. Padre Balducci ,”il prete meno clericale che conosca”, come lo definiva la Pira, mi trasmise la necessità della laicità della cultura e quindi la laicità dell’agire politico. Mi comunicò , con le sue appassionate e profetiche parole , una nuova attenzione, per una cattolica quale ero, al rapporto fra fede e scelta politica. Alleggerita da antichi pesi, cominciai ad incamminarmi per nuovi sentieri. Erano maturati i tempi per un nuovo modo di porsi contro le ingiustizie , le gerarchie, le discriminazioni , l’autoritarismo che opprimevano , sfruttavano, disconoscevano i diritti sociali per una vita migliore. Plestra fu il movimento studentesco del ‘68 che stava nascendo e cominciava a scontrarsi con l’ autoritarismo universitario, con manifestazioni ogni giorno nelle piazze dentro le università. Poche erano le donne che facevano parte del gruppo e raramente prendevano la parola. Io non avrei certo osato! Ci limitavamo ad eseguire opere di manovalanza, come la distribuzione dei volantini davanti alle fabbriche come la Fiat. La classe operaia era il nostro pane quotidiano e sembrava che da li dovesse partire la lotta per cambiare l’organizzazione capitalistica del lavoro, rea di tutte le ingiustizie del mondo sviluppato e sottosviluppato. E’ importante sottolineare che la dirigenza politica del gruppo di Potere Operaio aveva previsto per i maschi un contributo spese quando si spostavano a Milano o a Torino, un privilegio che non toccava alle noi donne che dovevamo provvedere personalmente alle nostre spese per vivere. Noi donne, come sempre, eravamo “gli angeli del ciclostile”, e della distribuzione dei volantini: quelli sembravano essere i nostri compiti “privilegiati”. Non esisteva per i compagni una nostra identità come persone; il che rendeva la militanza ancora più dura. Fu a Torino che iniziò una solidarietà con le altre donne del gruppo, assolutamente inimmaginabile nella mie esperienza passata e cominciò a maturare in noi un atteggiamento critico rispetto al comportamento maschilista dei compagni. Nacque in noi l’esigenza di riflettere sul soggetto politico di noi in quanto donne militanti. Molte le notti a parlare dei rapporti interpersonali con i i nostri compagni. La condizione femminile, il lavoro casalingo, le violenze sessuali , ci portarono ad allontanarci dai nostri compagni. Non eravamo più disponibili al silenzio. Stava nascendo dentro di noi la ricerca per un nuova modo di far politica che ci ponesse in quanto soggetti di lotta e non come silenziosa manovalanza. Per noi donne gli obiettivi diventarono sempre più specifici e legati ad una lotta che ci vedeva in prima linea come soggetti politici. Così nel ’72 insieme ad altre donne fondammo “LOTTA FEMMINISTA”, che aveva come obiettivo il riconoscimento del lavoro domestico e la richiesta di un salario per tale lavoro. Nacquero così alcune pubblicazioni importanti di quegli anni: nel ’72, “Potere femminile e sovversione sociale“di Maria Rosa della Costa. Esce nel 1973 “Il personale è politico “ dei Quaderni Lotte Femministe ,“L’ 8 Marzo 1974” del Collettivo Internazionale Femminista. Nel 1974 “Le operaie della casa” . e “Maternità e Aborto” e molti altri. Gli obiettivi per cui le donne riempirono le piazze di tutta Italia furono per “Si al divorzio “e “L’aborto legalizzato”, due obiettivi unificanti all’interno del movimento femminista a livello nazionale ed internazionale. Verso la metà degli anni 70 cominciarono a formarsi gruppi cosi detti di autocoscienza dove ogni donna portava la sua esperienza personale di rapporto interpersonale con l’uomo , e da quel momento per molte donne il privato diventò pubblico. Capivamo che raggiungere un’autonomia economica e psicologica significava trovare la propria identità sociale. La ricerca di un rapporto di parità diventò con il femminismo una maniera diversa di porsi rispetto all’uomo, al compagno , al marito, al datore di lavoro, al docente. Una faticosa palestra di vita il femminismo, che cambiò da quel momento i rapporti interpersonali, ma principalmente da parte di noi donne. Tuttavia, la donna intesa come ”l’angelo del focolare” , dal femminismo messa in discussione , si riscontra ancora oggi in ambienti meno emancipati dove i ruoli si mantengono nella loro codificazione rassicurante ma che rassicuranti non sono, quando è la donna a sovvertirli. Da ciò la violenza a cui assistiamo ormai ogni giorno, l’aumento dei femminicidi ; l’uomo seguita a pensare che la propria donna sia “qualcosa” che gli appartiene , piuttosto che l’Altro da rispettare , da conoscere. Mentre le donne hanno capito, si sono emancipate, e aspirano a ruoli paritari , gli uomini seguitano a non capire, per una crisi d’identità che tutt’oggi li attraversa , dove cambiare significa ancora annullarsi , perdere il ruolo di potere che li ha sempre caratterizzati. Scrissi ,insieme a Misetta Qauini, in quegli anni un libro che intitolammo “Le donne mi fanno paura”: una serie di interviste agli uomini di età ed estrazione sociale diverse, sul loro rapporto con la donna e su cosa intendessero per rapporto sentimentale , e sulla soggettività femminile. Se intervistassimo oggi gli autori dei femminicidi che aumentano statisticamente di giorno in giorno e di tutte le violenze ancora nascoste che si praticano nella famiglia, nella coppia, ma anche fra padre e figlie, nei luoghi di lavoro; le risposte che avremmo, ,ahimè, non sarebbero molto diverse dei nostri intervistati di 40 anni fa. Nonostante tutti gli sforzi che molte donne hanno fatto e seguitano a considerare importanti per cambiare i rapporti interpersonali, sembrano non aver trovato un terreno fertile nell’uomo o una maturità; piuttosto una rimozione del problema alla conferma, nella maggior parte dei casi, del ruolo di potere, considerando il mettersi in discussione una perdita di sé. Resta la scissione tra pubblico e privato, confermato ogni giorno da notizie sempre più allarmanti che li vedono protagonisti di violenze e di omicidi.