’68/Il tuffatore ha cinquant’anni

La tomba del Tuffatore fu scoperta in località Tempa del Prete a Paestum  il 3 giugno del 1968 e da allora, come per molte altre cose che accaddero in quell’anno, il mondo non fu più lo stesso. L’esile figurina che si tuffa dalle porte dell’Ade in Oceano è divenuta un’icona universale, su cui si sono esercitate le variazioni di artisti, poeti, cineasti,  forse perché  attraverso il tempo tocca una corda profonda, traduce visualmente l’attrazione e il timore suscitati in ciascuno di noi dall’incontro inevitabile con l’altra dimensione. Guardando la tomba dipinta, riusciamo ad intuire l’esistenza di un racconto coerente affidato alle scene raffigurate sulle pareti e sul coperchio: la volontà umanissima di mettere in scena la morte. E allora può essere interessante ritornare alle regole del gioco che rendono ancora attuale un monumento dei primi decenni del V sec. a.C. Intanto, il luogo dove la tomba fu scoperta: non una delle necropoli urbane, ma un sepolcreto più distante dalla città antica, riservato ad un gruppo diverso da quello della comunità dei cittadini: forse uno straniero non integrato nel corpo sociale o, al contrario, una figura che marca la propria differenza come segno di un’identità superiore. Poi il corredo, fatto di pochi oggetti, ma significativi: piccoli vasi per profumi e il guscio di una tartaruga che serviva da cassa armonica di una lira; attraverso il corredo il defunto è esplicitamente associato agli uomini che partecipano al simposio dipinto e, distesi sui letti conviviali, cantano al suono degli strumenti musicali: lo possiamo immaginare deposto con la testa rivolta verso l’immagine del tuffatore realizzata sulla faccia interna del coperchio e, quindi, solo a lui destinata. Ma perché celebrare il simposio in una tomba? Perché evocare il tuffo per rappresentare la morte?  Dietro c’è l’intuizione (il desiderio?) di un passaggio oltre la morte, di una soglia che non getta nel nulla ma conduce ad una condizione diversa, e l’esperienza esistenziale che più si presta a tradurre questa proiezione verso una diversa dimensione dell’essere è proprio costituita dal simposio. Per l’uomo greco il simposio non è solo una semplice  bevuta tra compagni, ma una pratica sociale che introduce a un ordine diverso: è un vero e proprio rito dove il consumo del vino si accompagna al canto e all’amore e conduce ad un’esperienza di alterazione e piacere durante la quale si diviene simili ad un dio, a Dioniso, signore dell’alterità e del teatro, che rende vere le cose fantastiche. Durante la durata del simposio ci si trasforma, si diventa altri, si attinge ad un mondo al di fuori della realtà quotidiana, che arricchisce le nostre potenzialità: si tratta di un’esperienza  intensa, che deve essere breve perché si rischia di non tornare indietro, di perdere il proprio posto tra gli uomini sobri, quelli che rispettano le regole. Nella poesia greca arcaica il simposio è paragonato all’esperienza di nuotare nel mare, per approdare ad una riva fantastica; in modo non diverso, eros è descritto dai poeti nei termini di un tuffo nell’altra dimensione: anche dall’amore, intenso perché destinato a finire, si deve riemergere come chi dopo un’immersione solleva la testa dalla superficie del mare per recuperare il respiro. La tomba del Tuffatore è tutta qui e non è poco: offre una soluzione positiva all’ultimo passaggio, rappresentandolo come un’esperienza edonistica simile al simposio, come l’apnea dell’uomo anfibio che è in grado di conoscere la profondità del mare e poi di risalire verso la riva di un altro mondo. Che cosa ci aspetti su quella riva, il programma pittorico non può svelarlo; lo sbocco resta incognito ma l’attesa è possibile  e può essere rappresentata. E’ interessante notare che l’immagine del tuffatore ricorre anche nell’altra regione dell’Italia antica dove si trovano tombe dipinte di età arcaica: l’Etruria dove, secondo una non dissimile logica significativa, un tuffatore è raffigurato nella splendida tomba tarquiniese “della Caccia e Pesca”, 50 anni circa più antica di quella pestana. Non a caso, un’icona emblematica delle tombe dipinte d’Etruria è l’immagine di una grande porta chiusa, spesso raffigurata sulla parete di fondo delle camere sepolcrali, sul lato opposto alla porta di ingresso; essa mette in scena la soglia oltre la quale comincia il paesaggio della morte; ancora in questo caso, cosa ci sia dietro la porta non è importante o, forse, non è concesso di saperlo; conta piuttosto sapere che possiamo attraversare la soglia.

Luca Cerchiai

Luca Cerchiai è professore ordinario di Etruscologia Archeologia e Arte antica presso il Dipartimento di Scienze del Patrimonio Culturale (DISPAC) dell’Università di Salerno.
Verso il tramonto del 3 giugno 1968, al termine di una giornata di scavi guidata da Mario Napoli, fuoriesce dal terreno una quarta tomba composta da quattro lastre con figure e una lastra di copertura con uno strano personaggio che su un grande fondo chiaro, da un poggio a forma di colonna si getta in un mare azzurro. A corredo della tomba, un vaso per unguenti (lekythos) a figure nere più altri frammenti ceramici e i resti metallici di una lira, elementi che consentono una datazione agli anni 480-470 a.C.  Mario Napoli ipotizza per primo che possa trattarsi di una rappresentazione delle pylai, porte del Sole poste ai confini del mondo che separano il mondo dei morti da quello dei vivi secondo il poeta Esiodo. L’ipotesi è stata ripresa e precisata da Bruno d’Agostino, che ha rilevato la presenza di una struttura simile su un aryballos (vasetto da profumi) corinzio raffigurante il mito di Ulisse e le Sirene, più antico di quasi un secolo. Nell’88 un primo convegno di studi affronta le varie interpretazioni della figura mentre nel ’98 in occasione del trentennale della scoperta, viene dedicata una mostra a cura di Gillo Dorfles e Pietro Lista che coinvolse artisti e fumettisti con la creazione di opere originali sul tema del tuffatore. Quest’anno,  a 5o anni dalla straordinaria scoperta, il Museo di Paestum dedicherà alla Tomba del tuffatore una grande mostra dal titolo “L’immagine invisibile”.
Bruno D’Agostino, Luca Cerchiai  “Il mare la morte l’amore, Gi etruschi i greci e l’immagine” Donzelli Editore, Roma 1999

//www.youtube.com/watch?v=_sQ6M1mJ-i4

 

Foto: Immagini da La tomba del tuffatore. “Il tuffatore” di Mario Ceroli; Multiplo di “Il tuffatore” di Nino Migliori; Foto del gruppo di archeologi con Mario Napoli

 

 

 

 

 

 

 

Luca Cerchiai

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